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Affitti in nero - sconti a chi denuncia il proprietario
Ultimo aggiornamento 24/11/2014
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Le nuove disposizioni commi 8 e 9 dell’articolo 3 del Dlgs 23/201 in vigore il 7 aprile 2011 avevano previsto sconti a chi denunciava il proprietario infedele, per mettere in regola gli affitti in nero, oppure quelli registrati ma con un canone inferiore a quello effettivo, o infine i finti contratti di comodato (prestito gratuito dell'immobile) c'è ancora meno di un mese. Dal 7 giugno 2011 , era scatta una tagliola  dolorosissima per i proprietari.
In parole semplici chi denunciava il proprietario per l'affitto in nero pagava quanto fraudolentemente dichiarato e si configurava un contratto 4+4 (es. pago ufficialmente 300 mentre in relatà pago 1000 denuncio il proprietario e pagherò per 8 anni il triplo della rendita catastale)
Attenzione: la norma è stata dichiarata incostituzionale Corte Costituzionale n.50/2014

Il decreto legislativo sul federalismo municipale disponeva infatti che se nei successivi 60 giorni, cioè entro il 6 giugno 2011, gli affitti non spontaneamente regolarizzati dal proprietario, creavano le condizioni affinché l'inquilino potesse  denunciare la situazione all'Agenzia delle entrate godendo di forti benefici, cioè di un nuovo contratto regolare della durata di quattro anni più quattro e di un canone che, dice il comma 8 dell'articolo 3, sarà «pari al triplo della rendita catastale». Si tratta di un maxisconto rispetto ai canoni di mercato.

La norma  è stata dichiarata incostituzionale per eccesso di delega e per sanzioni sproporzionate alla violazione, implicando la nullità del contratto (in violazione dello Statuto del Contribuente). La sentenza della Corte Costituzionale n.50/2014 ha dunque dichiarato illegittimi i commi 8 e 9 dell’articolo 3 del Dlgs 23/2011 sul Federalismo Fiscale. La legge prevedeva che, per la mancata registrazione dei contratti di affitto entro il termine previsto di 30 giorni. L’inquilino poteva denunciare il proprietario, usufruendo di un  affitto della durata di quattro anni a un canone pari a tre volte la rendita catastale, ossia molto basso rispetto ai valori di mercato. Il motivo principale del rigetto della Corte è l’eccesso di delega: la Corte Costituzionale ammette che la norma è sotto numerosi profili anomala sul piano del sistema civilistico vigente, ma di fatto è anche del tutto priva di copertura da parte della legge di delegazione ex L. 42/2009. Non solo perché, in termini generali, eccede il mandato rappresentato dalla delega, ma anche perché in alcune parti lo contraddice. Ad esempio, la delega impone che le sanzioni vengano irrogate nel rispetto dello Statuto dei diritti del Contribuente (legge 212/1012), il quale al comma 3 dell’articolo 10 stabilisce che le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto.

Con la norma in questione,  la mancata registrazione del contratto comporta non solo la nullità di quest’ultimo, ma la sua sostituzione automatica con un altro contratto, che di fatto il proprietario non aveva mai sottoscritto, e che si vede spogliato della titolarità per la determinazione della durata e della quantificazione dell’affitto. Scrivono i giudici di legittimità che la citata norma dello Statuto del Contribuente ha come ovvia conseguenza il fatto che, la mera inosservanza del termine per la registrazione di un contratto di locazione non possa legittimare addirittura una novazione – per factum principis – quanto a canone e a durata , in parole semplice i fisco non può sostituirsi al propietario

Fra l’altro, vengono anche violati gli obblighi informativi verso il contribuente ex art.6 L.212/2000, visto che la sostituzione del contratto avveniva in via automatica, senza alcuna comunicazione al proprietario, di conseguenza la  legge è incostituzionale.

 

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