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IL FALLIMENTO I LIMITI, COME EVITARLO, I PRESUPPOSTI
Ultimo aggiornamento 22/11/2014
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Quando si può fallire, quali sono i limiti da superare, cosa bisogna fare per evitare il fallimento, il termine per la dichiarazione di fallimento

Ricordate che se siete in questa situazione è necessario farvi assistere da un esperto

Art.1 legge fallimentare spiegazione

Il fallimento però non può essere sempre richiesto, ma è necessario, che sussistano due presupposti uno soggettivo e l'altro oggettivo, il Presupposto soggettivo è quello di essere imprenditore commerciale,  salvo che non si sia  piccolo imprenditore  che per essere tale non deve superare alcuni limiti che costituiscono il requisito soggettivo di fallibilità (piccolo imprenditore), applicabile sia alle ditte individuali sia alle società siano esse di persone o di capitali. Il presupposto oggettivo è il lo stato d'insolvenza ossia l'impossibilità di far fronte regolarmente ai propri impegni. Il fallimento è una procedura concorsuale, non come comunemente si confonde una chiusura dell'attività, una procedura mediante la quale il patrimonio del fallito viene gestito dallo Stato, liquidato e il ricavato distribuito tra i creditori, per assicurare la par conditio creditorum ossia una giusta ripartizione tra i creditori (la par conditio creditorum è applicabile soltanto ai chirografari)

Con l’emanazione del D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169,  il diritto fallimentare, che resta regolamentato dal R.D. 16 marzo 1942, n. 267, ha raggiunto il suo assetto definitivo, dopo una prima correzione  contenuta nel D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5. Le novita` della prima riforma, contenuta nel D.Lgs. n. 5/2006, sia quelle della seconda riforma, riportate nel D.Lgs. n. 169/2007, hanno riguardato anche i requisiti per l’assoggettamento alle procedure fallimentari. Il D.Lgs. n. 5/2006 e` entrato in vigore il 16 luglio 2006 e  il D.Lgs. n. 169/2007 e’ entrato in vigore il 1 gennaio 2008 per cui le nuove disposizioni del D.Lgs. n. 169/2007, fra cui anche i requisiti per l’assoggettamento al fallimento che ha posto I nuovi limiti , si applicano ai procedimenti per la dichiarazione di fallimento pendenti il 1 gennaio 2008, cosı come alle procedure concorsuali e di concordato fallimentare aperte successivamente alla sua entrata in vigore.

I requisiti soggettivi per essere soggetti alle procedure

Per poter essere assoggettati a fallimento e’ necessaria la sussistenza di due  requisiti  oggettivi e  soggettivi che riguardano sia le persone fisiche, sia le società.

Il requisito oggettivo non e` mutato, ed e` dato dalla condizione di insolvenza, ossia quando, a seguito di inadempimenti o di altri fatti esteriori, il debitore non e` più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni (ossia a mezzo denaro, assegni, cambiali). L'imprenditore si trova in stato di insolvenza quando non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.

come è possibile accertare lo Stato d'insolvenza? attraverso alcuni elementi sintomatici o indizi d'insolvenza ad esempio:

1.Presenza di protesti, segnalazione alla centrale rischi bancaria, revoca del fido

2.Chiusura della sede legale, con impossibilità di notificare il precetto

3.Irreperibilità del legale rappresentante

4.Presenza di pignoramento negativo (quest'ultimo non è necessario se la sede è chiusa perché costituirebbe un adempimento inutile e costoso)

ATTENZIONE: Non è necessario esclusivamente un titolo giudiziario per chiedere il fallimento, anche se non sempre a discrezione del giudice , può anche bastare un titolo non giudiziario quali Fatture, Note di consegna, DDT, estratti contabili in tal senso una importantissima sentenza della Cassazione a Sezioni Unite n. 1621 del 23/01/2013,

ATTENZIONE: Inadempimento ed insolvenza non necessariamente devono coesistere, l'Inadempimento può derivare anche da altre cause (transazione in contestazione), per cui posso essere inadempiente, ma non insolvente, dall'altro lato posso essere adempiente, ma insolvente (perché pago con una prestazione  in luogo del denaro Datio in solutum oppure cedo un bene in cambio del denaro cessio in solutum). In questo ultimo caso è evidente che si adempie non regolarmente (non con il denaro, assegni o cambiali), ma con mezzi non regolari e quindi c'è insolvenza.

datio in solutum (dazione in pagamento o prestazione in luogo dell'adempimento ex art. 1197, co. 1 c.c.) indica la prestazione in luogo di adempimento", cioè la sostituzione della prestazione originariamente dovuta con una di natura diversa.

Cessio in solutum (pagamento effettuato con la cessione di un credito, un bene)

Il requisito oggettivo non e` però sufficiente per essere soggetto alla procedura fallimentare.

Occorre anche il rispetto del  requisito soggettivo.

In altre parole, per l’esenzione dalla procedura fallimentare, bisogna che sia presente il superamento di uno solo dei seguenti requisiti per fallire e per non fallire tutti e tre i limiti non devono essere superati congiuntamente.:

1) aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento (o dall’inizio dell’attività, se di durata inferiore), un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore a 300.000 euro;

2) aver realizzato (in qualunque modo risulti) nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento (o dall’inizio dell’attività, se di durata inferiore), ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore a 200.000 euro;

Nota bene basta aver superato il limite per un solo anno e si diventa  assoggettabili al fallimento

3) avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore a 500.000 euro (requisito introdotto dal D.Lgs. n. 169/2007). Quest'ultimo requisito non è necessario che sia presente per i tre esercizi consecutivi, ma è limite previsto per i debiti esistenti all'atto dell'istanza di fallimento.

Quest'ultimo requisito è riferibile esclusivamente  all'ammontare dei debiti pendenti alla data della richiesta di fallimento

Esempio, 1

  2011 2012 2013
ATTIVO 250.000 270.000 235.000
RICAVI 190.000 201.000 150.000
DEBITI ALL'ATTO DELLA DOMANDA     450.000

FALLISCE PER AVER SUPERATO IL LIMITE DEI RICAVI NEL  2012

Esempio, 2

  2011 2012 2013
ATTIVO 310.000 270.000 270.000
RICAVI 190.000 152.000 150.000
DEBITI ALL'ATTO DELLA DOMANDA     450.000

FALLISCE PER AVER SUPERATO IL LIMITE DELL'ATTIVO  NEL  2011

Esempio, 3

  2011 2012 2013
ATTIVO 210.000 270.000 270.000
RICAVI 190.000 152.000 150.000
DEBITI ALL'ATTO DELLA DOMANDA     550.000

FALLISCE PER AVER SUPERATO IL LIMITE DEI DEBITI ALL'ATTO DEL RICORSO DI FALLIMENTO

Esempio, 4

  2011 2012 2013
ATTIVO 210.000 270.000 270.000
RICAVI 190.000 152.000 150.000
DEBITI ALL'ATTO DELLA DOMANDA     350.000

NON FALLISCE PER NON AVER SUPERATO NESSUNO DEI 7  LIMITI (3 LIMITI ATTIVO 2011,2012,2013) (3 LIMITI RICAVI 2011,2012,2013)LIMITI DEI DEBITI ALL'ATTO DELLA DOMANDA OSSIA DEL RICORSO DI  FALLIMENTO

 

Attenzione: Il non superamento del limite deve essere provato dal fallito, il giudice no ha nessun obbligo di accertarlo, per cui ignorare l'istanza di fallimento è la cosa più deleteria che si possa fare, sarà invece necessario recarsi in Tribunale e dimostrare con Bilanci, dichiarazione, scritture contabili, di non aver superato il limite. Se non lo fate potete sempre farlo facendo ricorso avverso la sentenza di fallimento. In ogni caso se non fate nulla il Tribunale non può procedere al fallimento se i debiti non superano i 30.000 euro, questo però è un limite di procedibilità accertabile dal giudice  e non un limite di presupposto soggettivo, che deve essere provato dal debitore.

Secondo la giurisprudenza l'art.1 della Legge Fallimentare contiene una presunzione di fallibilità, per cui tale presunzione comporta una inversione dell'onere della prova a carico del fallito, che quindi deve provare di non aver superato i limiti. Tale inversione comporta quindi l'onere del fallito di provare la non fallibilità. La ratio nella norma risiede nella difficoltà per il creditore di provare il superamento del limite, in sostanza le carte le ha il fallito e lui le dovrà portare.

Termini per la dichiarazione di fallimento (entro un anno) Art.10 L.F.

La dichiarazione di fallimento va pubblicata entro un anno dalla cancellazione dal pubblico registro delle imprese ossia dalla Camera di Commercio, con decorrenza dalla data della cancellazione e non dall'istanza. La dichiarazione di fallimento va pubblicata entro un anno. Il termine annuale per dichiarare il fallimento è un termine decadenziale e non è soggetto a interruzione o proroga.

Attenzione: Il fallimento va dichiarato entro un anno anche per le società a seguito della riforma del diritto societario, per cui non esiste più il principio giurisprudenziale in virtù del quale la società cancellata con i debiti fallisce sempre eternamente

Attenzione: Il fallimento dei soci illimitatamente responsabili va dichiarato  entro un anno dalla cessazione della qualifica di socio.

Esempio: faccio istanza di cancellazione in data 02/01/2014, la cciaa mi cancella il 01/02/2014, il creditore fa ricorso di fallimento il 30/09/2014, il Tribunale non pubblica la sentenza entro il 01/02/2015, il soggetto non fallisce più, quindi anche se il creditore fa ricorso di fallimento entro l'anno, se il tribunale non si muove e  non pubblica la sentenza entro l'anno il soggetto non può più fallire. Entro l'anno va depositata la sentenza di fallimento e non il ricorso di fallimento.

Come evitare il fallimento

Evitare il fallimento è possibile, ci sono molti strumenti, il primo ed è il più efficace è il concordato preventivo, che è possibile presentare anche se è stata presentata il ricorso di fallimento. In tal caso il giudice ha due strade rinvia l'udienza per il fallimento oppure mette una riserva subordinata all'accoglimento del concordato preventivo. Il concordato preventivo, blocca tutte le azioni esecutive. clicca qui per saperne di più

La denuncia per usura per il fallimento e il fondo di solidarietà legislazione di sostegno alle vittime del racket e dell’usura

L'art.20 della Legge 44/1999 prevede per le vittime dell'usura e del racket ossia vittime dell'estorsione mafiose, la proroga dei termini per il pagamento dei mutui per 300 giorni e la sospensione delle azioni esecutive per lo stesso termine, questa normativa si applica anche al fallimento

Equitalia può chiedere il fallimento del contribuente? purtroppo si

Attenzione: Equitalia può chiedere il fallimento se si superano i limiti di legge: infatti l'art.87 del d.P.R. n. 602 del 1973, come modificato dall'art. 3 del d.l. n. 138 del 2002, nel prevedere che il concessionario possa, per conto dell'Agenzia delle entrate, presentare il ricorso ai sensi dell'art. 6 legge fall. Prima non si poteva fallire per i debiti relativi ai tributi, oggi purtroppo si, la maggioranza dei fallimenti sono ormai causati dalle tasse. In questa situazione sarebbe meglio ritornare alla vecchia normativa,

Attenzione: il debito deve essere certo liquido ed esigibile, (quindi è importante fare i ricorsi ed avere un contenzioso in atto), ma cosa significa certo liquido ed esigibile?  certo = il credito è certo quando non è controverso nella sua esistenza,  liquido =  vuol dire determinato nel suo ammontare o facilmente determinabile. Il credito deve essere espresso in un numerario (danaro) e sono ammessi solo i calcoli matematici per il suo esatto ammontare esigibile = vuol dire che il termine  è scaduto Per ottenere un decreto ingiuntivo  sulla base dell'art 633 c.p.c. occorre che il credito sia certo,  liquido ed esigibile . l'esecuzione forzata, l’art. 474 c.p.c. recita “l’esecuzione forzata non può avere luogo che in virtù di un titolo esecutivo per un diritto certo liquido ed esigibile

 

Il fallimento dell'imprenditore individuale  occulto o del socio occulto, la disparità di trattamento

Il nostro ordinamento stabilisce, che l'imprenditore individuale occulto, ossia che si avvale di un prestanome non sia assoggettabile al fallimento, perché c'è un mandato senza rappresentanza in virtù del quale il mandatario opera in nome proprio, ma per conto altrui, per cui gli effetti non sono imputabili al mandante. Destino diverso è stato previsto  per il socio di società di persone occulto, che si sensi dell'art. 147 della legge fallimentare è soggetto al fallimento. Ovviamente questo non li esonera dall'imputazione di reati fallimentari o di associazione a delinquere, qualora emergessero delle responsabilità penali

TIPOLOGIA ASSOGETTABILITA' AL FALLIMENTO
IMPRENDITORE COMMERCIALE INDIVIDUALE SOGGETTO AL FALLIMENTO
IMPRENDITORE COMMERCIALE INDIVIDUALE OCCULTO NON SOGGETTO AL FALLIMENTO
SOCIETA' DI CAPITALI SOGGETTO AL FALLIMENTO
SOCIO DI SOCIETA' DI CAPITALI NON SOGGETTO AL FALLIMENTO
SOCIO OCCULTO DI SOCIETA' DI CAPITALI (SRL, SPA, SAPA) NON SOGGETTO AL FALLIMENTO
SOCIETA' DI PERSONE (SNC, SAS) SOGGETTO AL FALLIMENTO
SOCIO DI SOCIETA' DI PERSONE SOGGETTO AL FALLIMENTO
SOCIO OCCULTO  DI SOCIETA' DI PERSONE SOGGETTO AL FALLIMENTO

Il fallimento delle società di capitali

Gli artt. 146 ss. R.D. n. 267/42 disciplinano il fallimento di società sia di capitali che di persone. Il titolo dell’art. 146 era stato modificato in occasione della prima riforma, includendovi anche i soci di s.r.l., ai sensi dell’art. 2476, comma 7, c.c. che prevede la loro responsabilità solidale con gli amministratori, quando hanno deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società. Il legislatore del D.Lgs. n. 5/2006 aveva però ritenuto opportuno indicare separatamente le azioni di responsabilità  contro gli amministratori, i componenti degli organi sociali (ossia i sindaci ed i revisori contabili), ed i liquidatori, rispetto a quelle contro i soci di s.r.l. Relativamente alle s.r.l., va sottolineato come con la prima riforma era stata adottata una formulazione aperta, in virtù della quale le azioni di responsabilità riguardanti i componenti degli organi di controllo possono essere esperite sia nei casi di obbligatorietà della loro nomina sia nelle ipotesi di facoltativita`. Quanto agli amministratori della s.r.l. si e’ lasciato agli interpreti il compito di stabilire se il curatore potesse esercitare nei confronti degli amministratori di s.r.l. solo l’azione di responsabilità sociale, o anche quella prevista a difesa dei creditori sociali.

Era stato infine soppresso il vecchio terzo comma dell’art. 146 che consentiva al giudice delegato, nell’autorizzare il curatore a proporre l’azione di responsabilità, di disporre le opportune misure cautelari, in quanto la giurisprudenza aveva già di fatto implicitamente abrogato tale disposizione; d’altro canto il nuovo ruolo assegnato al giudice delegato dalla prima riforma rendeva incompatibile l’assunzione da parte dello stesso di misure cautelari. Individuate le novità della prima riforma, a cui non hanno fatto seguito particolari novità con la seconda riforma, e volgendo ora l’attenzione alle disposizioni specifiche dell’art. 146, emerge, in primo luogo, l’equiparazione degli amministratori e dei liquidatori della società al fallito, essendo stabilito che essi sono tenuti agli obblighi imposti al fallito dall’art. 49 del R.D. n. 267/42, relativi alla comunicazione al curatore di ogni cambiamento della propria residenza o del proprio domicilio.

Il nuovo art. 49 l.fall. prevede che l’imprenditore, del quale sia stato dichiarato il fallimento, gli amministratori

ed i liquidatori di societa` o degli enti soggetti alla procedura di fallimento, sono tenuti a comunicare al curatore ogni cambiamento della propria residenza o del proprio domicilio.

E ` poi attribuito dall’art. 146 al curatore, previa autorizzazione del giudice delegato, sentito il Comitato dei creditori, l’esercizio delle seguenti azioni:

1) le azioni di responsabilità contro gli amministratori, i componenti degli organi di controllo (es. i sindaci ed i revisori contabili), i direttori generali ed i liquidatori;

2) l’azione di responsabilità contro i soci della s.r.l.,

quando, insieme agli amministratori, hanno deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la societa`

(ex art. 2476, comma 7, c.c.). Sempre in tema di fallimento di societa` di capitali vi e` la disposizione dell’art. 150 R.D. n. 267/42, modificato dall’art. 133 D.Lgs. n. 5/2006, relativa ai versamenti dei soci a responsabilita` limitata.

 

Il fallimento delle società di persone

Le conseguenze del fallimento per i soci delle società di persone sono affrontate dagli artt. 147-149 l.fall.

Considerato che soggetto al fallimento e` l’imprenditore, anche non commerciale, purche´ non piccolo, e` sembrato opportuno al legislatore della prima riforma puntualizzare, con l’art. 147, che il fallimento di una societa` in nome collettivo o in accomandita semplice oppure in accomandita per azioni produce anche il fallimento dei soci, pur se non persone fisiche, illimitatamente responsabili La disposizione  «pur se non persone fisiche» e` stato inserito al fine di chiarire che falliscono per estensione anche le eventuali societa` (sia di capitali che di persone), socie (ai sensi dell’art. 2361, comma 2, c.c.) di societa` di persone.

Viene altresı` disposto che in questo caso il fallimento dei soci non puo` essere dichiarato, decorso un anno dallo scioglimento del rapporto sociale o dalla cessazione della responsabilita` illimitata, se sono state osservate le formalita` per rendere noti i fatti indicati ai terzi, cosı` recependo le conclusioni della sentenza della Corte costituzionale del 21 luglio 2000, n. 319.

Il legislatore della prima riforma aveva poi apportato ulteriori novità:

1) si recepiva con l’art. 147 un noto orientamento giurisprudenziale in tema di socio e di societa` occulta;

2) si disciplinava il regime delle impugnazioni, richiamando le disposizioni sul reclamo verso il decreto di rigetto della domanda;

3) si abrogava la disposizione relativa all’esclusione delle disposizioni alle cooperative, ormai inutile.

L’art. 147 afferma poi, innovando rispetto al sistema esistente prima delle riforme, che il fallimento dei soci illimitatamente responsabili non puo` essere dichiarato decorso un anno dallo scioglimento del rapporto sociale o dalla cessazione della responsabilita` illimitata, anche in caso di trasformazione, fusione, o scissione, se sono state osservate le formalita` per rendere noti ai terzi i fatti indicati

IL CONCORDATO PREVENTIVO E IL PIANO DI RISANAMENTO

DOMANDA AL PASSIVO FALLIMENTARE

 

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