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Raddoppio dei termini per l'accertamento tributario
Ultimo aggiornamento 24/01/2016
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Attenzione:  a partire dal 01/01/2016, gli avvisi di accertamento devono essere notificati (da Unico 2016 redditi 2015), a pena di decadenza:

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Gli sceriffi delle tasse con il D.L. n. 223/2006 hanno aggiunto il  comma 3 all’art. 43 del dpr 600/73, prevedendo che “in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, i termini di cui ai commi precedenti sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui è stata commessa la violazione”. In parole semplici in caso di denuncia per  reati fiscali i termini di prescrizione o più correttamente di decadenza sono raddoppiati. Il 02/09/2015  nel D. Lgs. 128/2015 è stato inoltre introdotto l'obbligo di denuncia  effettiva e concreta prima dello spirare del termine ordinario di accertamento.

In primo luogo si  precisa che il legislatore non menziona né una proroga dei termini né una rimessione in termini; ma parla di raddoppio dei termini. Le espressioni non sono equivalenti e la distinzione è rilevante.

Da questa norma sono nate tutta una serie di problematiche e di dubbi parzialmente risolti dalla Giurisprudenza e dalla nuova norma in vigore dal 02/09/2015, che riesaminiamo:

In caso di verifica intervenuta dopo la decadenza del termine cosa succede? Di raddoppio dei termini potrebbe parlarsi nel solo caso in cui la denuncia penale interviene prima che sia perento il termine ordinario per l’accertamento, in caso contrario il termine di decadenza si raddoppia a prescindere e questa interpretazione contrasta con il principio della notifica degli atti in termini certi enunciato dalla Corte Costituzionale con la sentenza 280/2005, la norma deve essere interpretata nel senso, che qualora la verifica  avvenga prima del termine  di decadenza, ed entro lo stesso termine l’agenzia delle entrate presenti la denuncia in procura il termine è raddoppiato, altrimenti a termine spirato l’ufficio non può più azionare alcuna pretesa. Un interpretazione diversa contrasterebbe con il principio della notifica degli atti in termini certi enunciato dalla Consulta con la sentenza 280/2005 esponendo ingiustamente chiunque al raddoppio dei termini  alle pretese del fisco il contribuente

Secondo problema, con l’agenzia delle Entrate che ormai ha abbandonato il principio della giusta tassazione sacrificandolo alla logica aziendale di raggiungimento degli obiettivi, l’ufficio fiscale potrebbe usare la denuncia infondata per raddoppiare il termine strumentalmente, come ci si tutela?

Il Giudice Tributario ormai è assodato in giurisprudenza, deve valutare la fondatezza della denuncia, se questi risultasse strumentale il Giudice disapplica il raddoppio dei termini.

Terzo problema, se il Giudice tributario sbaglia e valuta fondata la denuncia e il tribunale penale archivia oppure reputa infondate le accuse, perché mai l’ufficio deve usufruire del raddoppio dei termini? La questione è stata sollevata anche dalla CTR di Napoli che ha ritenuto di dover rimettere la decisione alla Corte Costituzionale in merito ad una possibile violazione degli articoli 24, 27, 97 e 3 della Costituzione poiché le modifiche apportate dal D.L. n. 223/2006 qualora la contestazione dell’Ufficio comporti obbligo di denuncia penale (ai sensi dell’art. 331 c.p.p.), i termini per la notifica dell’accertamento raddoppiano attestandosi rispettivamente a 8 e 10 anni a seconda del tipo di violazione commessa. Quindi sono più tutelati i delinquenti che i contribuenti. Secondo la CTR di Napoli si prospetta la violazione del fondamentale e costituzionalmente garantito diritto alla difesa di cui all’art. 24 Cost., atteso che l'art. 22, D.P.R. n. 600/1973 vincola il contribuente alla conservazione delle scritture contabili fino alla definizione degli accertamenti corrispondenti al relativo periodo d'imposta, e quindi ben potrebbe accadere, in presenza di riapertura di periodi d'imposta già “chiusi”, che lo stesso non conservi più le scritture, trovandosi incolpevolmente a dover affrontare il giudizio privo di qualsiasi documentazione.

Bene sapete cosa ha stabilito la Corte Costituzionale?

Con la discussa sentenza n. 247 del 25 luglio 2011, la Corte Costituzionale ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale per violazioni degli articoli 24, 27, 97 e 3 ritenendo  il raddoppio dei termini pienamente legittimo perché, in sostanza, non si tratta di un allungamento del periodo stabilito in via ordinaria, ma di un termine nuovo e autonomo rispetto allo stesso.

La sentenza è stata oggetto di numerose critiche dalla dottrina e dagli addetti ai lavori, ma purtroppo la giustizia è sacrificata per motivi di gettito!!!!!!!!!!!

Secondo la giurisprudenza dominante, l’agenzia delle entrate deve presentare prima dello spirare del termine la denuncia penale per poter usufruire del raddoppio, con obbligo per il giudice di valutare la fondatezza della suddetta azione penale. Dal 01/01/2015 , sposando la tesi della giurisprudenza il legislatore ha stabilito con la delega fiscale n.23/2014 che la procedura del raddoppio si avvia solo con la notitia criminis che viene presentata o trasmessa entro la scadenza ordinaria dei termini. La denuncia deve essere presentata dai verificatori senza ritardo al Pubblico Ministero o a un ufficiale di polizia giudiziaria, ai sensi dell’art. 331 c.p.p., e ciò significa non appena lo stesso viene a conoscenza del reato commesso dal contribuente. Sulle questioni vecchi silenzio assoluto e arbitrarietà a tutto spiano.

In definitiva resta comunque il fatto che il contribuente, rimane esposto alle denunce strumentali, alle cattive valutazioni dei giudici tributari e al fatto, che se la denuncia penale viene dichiarata  infondata dal giudice penale, questo non avrà alcun effetto sul processo tributario.

Ricordatevi che anche i giudici  tributari sono assoggettati alla nuova responsabilità civile dei magistrati, con la recente riforma, disciplinata dalla Legge n. 18 del 27 febbraio 2015 (in G.U. n. 52 del 04/03/2015), vigente dal 19/03/2015.

Cari Italiani, siamo veramente rovinati, abbiamo detto addio alla libertà applaudendo alla lotta all’evasione fiscale, le aziende scappano all’estero e chi viene ad investire qui in Italia con una tassazione del genere e un’oppressione fiscale da regime?

Per completezza si rammenta che il raddoppio dei termini opera solo per imposte dirette (ires, Irpef, Addizionali) e Iva, non per l'Irap, per l'Irap non si applica, inoltre il raddoppio non opera per le sanzioni.

Il 02/09/2015  nel D. Lgs. 128/2015  è stato stabilito che ai fini dell’applicazione del raddoppio dei termini, è necessario non solo che sussista l’obbligo di denuncia all’Autorità giudiziaria per la presenza di reati tributari, ma anche che la denuncia sia concretamente ed effettivamente presentata e con riferimento ai termini per farlo, che la denuncia sia presentata prima dello spirare del termine ordinario di  accertamento (4 anni). Quindi non esistono più due termini, ordinario e raddoppiato, ma un unico termine, prorogabile se la denuncia è presentata prima della sua scadenza. Se l’Agenzia non ha concluso le indagini entro i termini ordinari, non potrà più completarle successivamente, nemmeno in presenza di fattispecie penalmente rilevanti. In realtà ciò che è stato stabilito normativamente era già stato stabilito dalla Giurisprudenza più garantista. Per gli atti notificati prima di tale data, rimane in vigore il raddoppio dei termini per la notifica degli atti impositivi, nonostante l’inoltro oltre il termine ordinario, anche se questa previsione è facilmente sconfessabile in sede di contenzioso. Rimangono nella vecchia disciplina i Pvc e gli inviti al contraddittorio notificati alla data del 02/09/2015 e i cui atti impositivi siano notificati entro il 31/12/2015.

 

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