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SEPARATI E DIVORZIATI E FISCO, TUTTO CIO’ CHE BISOGNA SAPERE PER NON AVERE BRUTTE SORPRESE E AGGIUNGERE AL DANNO ANCHE LA BEFFA 

 
Ultimo aggiornamento 14/03/2010
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Indice:

 1. Agevolazioni fiscali registro e bollo in fase di divorzio o separazione per la cessione dell'immobile - 2. Assegno periodico al coniuge divorziato (escluso quello per i figli ) e’ deducibile e il coniuge percipiente lo deve dichiarare - 3. Le agevolazioni prima casa non si perdono se si e’ costretti da sentenza del giudice e quindi per causa di forza maggiore a cedere prima dei 5 anni la propria quota al coniuge - 4. separazione diritto di abitazione al coniuge chi paga l'ici? Entrambi gli intestatari - 5. Coniuge superstite, morte del marito, moglie e figli chi dichiara? - 6. Successione moglie e 2 figli, modalità divisione e termini di presentazione - 7. Differenza tra separazione e divorzio - 8. Il Regime patrimoniale tra i coniuge, comunione o separazione - 9. Come verificare il proprio regime patrimoniale - 10. Il fondo patrimoniale come tutela contro il fisco ed equitalia

 

1. Agevolazioni fiscali registro e bollo in fase di divorzio o separazione per la cessione dell’immobile

 l'art.19 della legge n.74/1987 prevede l'esenzione dall'imposta di registro, bollo e da ogni altra tassa per gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio: con sentenza della Corte Costituzionale n.154/1999 e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale di tale articolo nella parte in cui non estende dette agevolazioni anche ai medesimi atti e documenti relativi al procedimento di separazione personale dei coniugi.

Con Circolare n.49/E del 16.03.2000 sono stati forniti chiarimenti in ordine alla problematica di cui sopra e, in particolare, circa l'applicabilita' dell'esenzione in parola agli atti portanti attribuzioni

patrimoniali fra coniugi conseguenti ad accordi formalizzati nel provvedimento di separazione personale o al divorzio e ad esso connessi.

Tale agevolazione non sembra applicabile alle cessioni immobiliare in favore dei figli, in quanto soggetti terzi alla separazione o al divorzio in tal senso Cassazione - Sez.V - n.2347 del 17/02/2001

 

 

 

2. Assegno periodico al coniuge divorziato (escluso quello per i figli ) e’ deducibile e il coniuge percipiente lo deve dichiarare

A norma dell'art 10 lettera c) del D.p.r. 917/86 Testo unico delle imposte dirette, gli assegni periodici corrisposti al coniuge, ad esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli, in conseguenza di separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento del matrimonio o di
cessazione dei suoi effetti civili, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell'autorità giudiziaria;Il legislatore tributario ha ricompreso tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente delle fattispecie che, pur non presentando alcun collegamento con lo svolgimento di un'attività lavorativa, sono caratterizzate da un'obbligazione di dare scaturente o da un negozio
giuridico, ovvero dalla legge , come ad esempio gli assegni divorzili. Art 47 D.p.r. 917/86 lettera i
 Per cui si puo' scaricare soltanto l'assegno destinato alla  ex moglie, che a sua volta dovrà dichiarare tale assegno come reddito assimilabile al lavoro dipendente.

 

 

3. Le agevolazioni prima casa non si perdono se si e’ costretti da sentenza del giudice e quindi per causa di forza maggiore a cedere prima dei 5 anni la propria quota al coniuge

Il contribuente che a seguito di una separazione e' obbligato a cedere per ordine del giudice la propria quota prima dei 5 anni non perde le agevolazioni. Commissione Tributaria Provinciale di Bologna Sent. 75/03/2009 Depositata il 25/05/2009 su ricorso di F.D. difeso dal Dott. Giuseppe Marino

P.S. E’ consigliabile comunque aspettare i 5 anni per non perdere le agevolazioni e non affrontare contenziosi.

 

4. separazione diritto di abitazione al coniuge chi paga l'ici? Entrambi gli intestatari

I soggetti passsivi ici sono il proprietario di immobili , oppure chi è titolare di un diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, o superficie sugli immobili medesimi, per cui il significato da attribuire al termine "possesso", utilizzato nella preliminare definizione del presupposto d'imposta, non possa essere quello di mera disponibilità del bene sulla base di un titolo personale di godimento, perché il possesso rileva, in tale contesto normativo, in ragione della titolarità di quelle situazioni giuridiche soggettive che la legge elenca, situazioni di diritto a carattere reale. Tale facoltà di godimento è conseguente ad un provvedimento giudiziale di per sé non idoneo alla costituzione di un diritto reale, "essendo i modi di costituzione di tali diritti tassativamente ed espressamente indicati dalla legge". La giurisprudenza e' concorde a non qualificare come valido strumento di creazione di un diritto reale l'assegnazione del diritto di abitazione da parte del Giudice. Cio' premesso il coniuge a cui non e’ stato concesso il diritto di abitazione deve pagare l'ici indipendentemente dal fatto che l'immobile lo possiede sua moglie in tal senso Corte di Cassazione Sent. n. 4445 del 24 febbraio 2009 (Ud. del 6 novembre 2008)

 

5. Coniuge superstite, morte del marito, moglie e figli chi dichiara?

In caso di morte di uno dei coniugi (anche se separati) al superstite spetta il diritto di abitazione sulla residenza principale. Pertanto gli obblighi fiscali relativi all'abitazione - dichiarazione dei redditi, pagamento dell'Irpef e dell'Ici - ricadono al 100% sul coniuge superstite, il quale può quindi fruire per intero della esenzione ici  prima-casa .
In Tal senso Doc. del 28 maggio 1996 Min. Fin. - Segr. gen.

 

6. Successione moglie e 2 figli, modalità divisione e termini di presentazione


A norma dell'art.581 del codice civile Quando con il coniuge [c.c. 78, 565] concorrono figli legittimi o figli naturali, o figli legittimi e naturali, il coniuge ha diritto alla metà dell'eredità, se alla successione concorre un solo figlio, e ad un terzo negli altri casi. Nella sua situazione di 2 o piu’ figli la divisione e’ per 1/3 al coniuge superstite  e 2/3 dei  figli, nel caso ci sia un solo figlio al 50% tra figlio e coniuge superstite.  Per la presentazione della denuncia di successione a norma dell'art.31 del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 (Testo unico delle successioni ) la dichiarazione deve essere presentata entro dodici mesi dalla data di apertura della successione.

7. Differenza tra separazione e divorzio

 

Con la separazione legale i coniugi non pongono fine al rapporto matrimoniale, ma ne sospendono gli effetti nell'attesa o di una riconciliazione o di un provvedimento di divorzio. La separazione può essere legale (consensuale o giudiziale,  o semplicemente "di fatto", cioè conseguente all'allontanamento di uno dei coniugi per volontà unilaterale, o per accordo, ma senza l'intervento di un Giudice. Anche tale ultima forma di separazione può produrre effetti sul piano giuridico . La separazione legale (consensuale o giudiziale) rappresenta una delle condizioni (la più frequente) per poter addivenire al divorzio .
  Con il divorzio (introdotto e disciplinato con la legge 1.12.1970 n. 898) viene invece pronunciato lo scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili (se è stato celebrato matrimonio concordatario con rito religioso, cattolico o di altra religione riconosciuta dalla Stato italiano). Col divorzio vengono a cessare definitivamente gli effetti del matrimonio, sia sul piano personale (uso del cognome del marito, presunzione di concepimento, etc.), sia sul piano patrimoniale. La cessazione del matrimonio produce effetti dal momento della sentenza di divorzio, senza che essa determini il venir meno dei rapporti stabiliti in costanza del vincolo matrimoniale. Solo a seguito di divorzio il coniuge può pervenire a nuove nozze.

Nella fase di separazione il coniuge solitamente il marito puo’ continuare a scaricare le spese per oneri deducibili sostenute per la moglie, in quanto il matrimonio non e’ ancora sciolto.

 

 

8. Il Regime patrimoniale tra i coniuge, comunione o separazione

Gli Articoli 143 e 147 del Codice Civile sanciscono gli oneri economici di entrambi i coniugi nei confronti della famiglia e dei figli. La legge consente agli sposi di scegliere tra due regimi patrimoniali quello che meglio permetta loro di adempire ai suddetti doveri: la comunione dei beni o la separazione dei beni.

Tale scelta potrà essere effettuata sia in sede di rito civile che religioso: al termine della cerimonia il sacerdote o l'ufficiale di stato civile annoterà tale decisione sull'atto di matrimonio. Se gli sposi non espliciteranno alcuna scelta, dal 20 settembre 1975 legge 19 maggio 1975 n. 151 - nuovo diritto di famiglia per legge il regime patrimoniale legale della famiglia sarà in automatico la comunione dei beni.

La scelta del regime patrimoniale potrà essere modificata con atto pubblico di fronte ad un notaio in qualsiasi momento della vita matrimoniale.

E` opportuno specificare che, la comunione dei beni, produce i suoi effetti, in relazione ai matrimoni celebrati dopo il 20 settembre 1975, data dall’entrata in vigore della legge e, si applica automaticamente dal momento delle nozze; per quanto riguarda i matrimoni celebrati prima della data in questione, la comunione trova applicazione solo per gli acquisti effettuati dopo il 20 settembre 1975, salvo che , almeno uno dei coniugi, abbia deciso di mantenere il precedente regime di separazione , ma in tal caso necessita una espressa dichiarazione formulata innanzi ad un notaio.

Rientrano nella comunione tutti i beni acquistati dai coniugi, congiuntamente o separatamente dopo il matrimonio, che si ritengono, pertanto, appartenere in parti uguali, ad entrambi.

Nello specifico fanno parte della comunione: - acquisti compiuti dai coniugi dopo il matrimonio, indipendentemente da chi li abbia effettivamente acquistati e pagati; - aziende gestite da entrambi e, comunque costituite dopo il matrimonio; - utili ed incrementi di azienda di proprieta` di uno solo, anteriormente al matrimonio, ma gestita da entrambi; - risparmi accantonati durante la vita matrimoniale.

Rientrano nel patrimonio comune, anche i debiti, sia se contratti congiuntamente dai coniugi che contratti separatamente, come ad esempio quelli relativi al mantenimento della famiglia o all`educazione dei figli, nonche`, gli oneri gravanti sui singoli beni al momento del loro acquisto, si pensi in merito, come esempio, ad un ipoteca sulla casa.

Cosa è la comunione dei beni

 

Scegliere come regime patrimoniale la comunione dei beni vuol dire che tutti i beni acquistati dopo le nozze sono di proprietà di entrambi i coniugi.In particolare, si intende che saranno di proprietà comune:

    * Tutte le proprietà comprate dopo il matrimonio, anche se acquistate separatamente dai due coniugi. Si intende quindi case, terreni, negozi, automobili, fatta eccezione di beni personali;

    * I rendimenti dei beni propri di ciascun coniuge, ad esempio quelli bancari;

    * Le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio;

    * Gli utili e gli incrementi dell'azienda di proprietà di uno dei due precedentemente alle nozze, ma gestita da entrambi dopo il matrimonio;

Saranno parte del patrimonio comune anche i debiti, sia quelli contratti congiuntamente dai coniugi che quelli contratti separatamente, nonché gli oneri che gravano sui singoli beni al momento dell'acquisto, ad esempio un'ipoteca sulla casa.

Rimarranno invece di proprietà esclusiva di ciascun coniuge:

    * I beni posseduti da prima delle nozze;

    * Eredità o donazioni, anche se avute dopo il matrimonio;

    * Beni personali e i loro accessori;

    * Beni necessari all'esercizio della propria professione;

    * Risarcimenti per danni fisico subito, ad esempio indennizzi assicurativi o pensione di invalidità;

    * Il ricavato della vendita di uno dei beni suddetti.

 

In caso di vendita di immobili o altri atti di amministrazione straordinaria, è necessario il consenso di entrambi gli sposi. In caso di disaccordo, sarà il giudice a decidere se l'atto voluto da uno solo dei coniugi è necessario all'interesse della famiglia o dell'azienda familiare.

Lo scioglimento della comunione dei beni si verifica nei casi di:

 

    * Morte di uno dei coniugi;

    * Annullamento del matrimonio, separazione, divorzio;

    * Decisione di entrambi i coniugi di cambiare il regime patrimoniale;

    * Fallimento di uno dei coniugi;

    * Separazione giudiziale dei beni.

 

Cosa è la separazione dei beni

 

Scegliere come regime patrimoniale la separazione dei beni vuol dire che ciascuno dei due sposi ha la proprietà esclusiva dei beni acquistati sia prima che dopo il matrimonio, anche se fruiti in comune. Egli ha quindi tutto il diritto di goderli o amministrarli, fermo restando l'obbligo di adempienza dei doveri sanciti dagli Articoli 143 e 147 del Codice Civile.

Il regime di separazione dei beni produce l'effetto di attribuire al coniuge che effettua l'acquisto ogni diritto sul bene, in via esclusiva: i patrimoni di marito e moglie restano quindi separati durante il matrimonio, salvi i diritti di successione.

Per ottenere la cointestazione di un bene, una volta optato per il regime di separazione, occorrerà esplicitamente dichiarare all'atto dell'acquisto tale volontà, specificando anche la quota di comproprietà da assegnare.

ART. 179 CC.  Beni personali.

Non costituiscono oggetto della comunione e sono beni personali del coniuge [c.c. 185, 217]:

a) i beni di cui, prima del matrimonio, il coniuge era proprietario o rispetto ai quali era titolare di un diritto reale di godimento;

b) i beni acquisiti successivamente al matrimonio per effetto di donazione o successione, quando nell'atto di liberalità o nel testamento non è specificato che essi sono attribuiti alla comunione;

c) i beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge ed i loro accessori;

d) i beni che servono all'esercizio della professione del coniuge, tranne quelli destinati alla conduzione di una azienda facente parte della comunione;

e) i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno [c.c. 2043] nonché la pensione attinente alla perdita parziale o totale della capacità lavorativa;

f) i beni acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni personali sopraelencati o col loro scambio purché ciò sia espressamente dichiarato all'atto dell'acquisto.

L'acquisto di beni immobili, o di beni mobili elencati nell'articolo 2683, effettuato dopo il matrimonio, è escluso dalla comunione, ai sensi delle lettere c), d) ed f) del precedente comma, quando tale esclusione risulti dall'atto di acquisto se di esso sia stato parte anche l'altro coniuge

 

9. Come verificare il proprio regime patrimoniale

Si devi richiedere un estratto di matrimonio (e' in carta libera) al comune in cui ci si  e’ sposati.In fondo riporta la voce "annotazioni". Se non risultano annotazioni sei in comunione legale, che e' il regime "normale".Se e' stata scelta la separazione dei beni, li' ti risultera' se e' stata fatta mediante dichiarazione avanti l'ufficiale di stato civile (che per il periodo transitorio dell'entrata in vigore della legge 19 maggio 1975 n. 151 - nuovo diritto di famiglia, e' stato anche possibile fare unilateralmente, da parte di uno solo dei coniugi) oppure mediante anno notarile.

 

 

10. Il fondo patrimoniale come tutela contro il fisco ed equitalia

Il fondo patrimoniale consiste in un vincolo posto nell’interesse della famiglia su di un complesso di beni determinati (immobili, mobili registrati o titoli di credito) e realizza la costituzione di un patrimonio separato o di destinazione, con limitazione dei poteri dispositivi dei costituenti (ciascuno o un ambedue i coniugi, un terzo, anche per testamento).  Funzione del vincolo è quella di destinare i beni conferiti al soddi-sfacimento dei diritti di mantenimento, di assistenza e di contribu-zione esistenti nell’ambito della famiglia. Nella collocazione codicistica, con la legge di riforma del diritto di famiglia (n. 151 del 19.05.1975), la normativa del fondo patrimoniale (artt. 167 - 171 c.c.) ha sostituito quella del patrimonio familiare.  La sostanziale differenza tra i due istituti risiede nella intensità del vincolo di destinazione, assai rigido nel secondo, così da assicurare a quel complesso di beni stabilità e durata in armonia con quelli che erano un tempo anche i caratteri del matrimonio (potendo i coniugi   disporre dei beni soltanto previa autorizzazione del giudice nei casi di necessità o utilità evidente e con l’obbligo del reimpiego della somma ricavata, ed i creditori agire soltanto sui frutti dei beni, pur-chè non fossero stati a conoscenza che i debiti venivano contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia), più tenue e labile nel primo, posto che i coniugi (art. 169 c.c.) possono disporre dei beni liberamente, senza obbligo di reimpiego, non soltanto quando sia loro consentito dall’atto di costituzione, ma anche quando abbiano raggiunto l’accordo sull’atto di disposizione e, allorchè vi siano figli minori, nei soli casi di necessità od utilità evidente e con l’autorizzazione del Tribunale ordinario, che provvede in Camera di consiglio sentito il Pubblico ministero (art. 38, commi 2 e 3, disp. att. c.c.).   Tra gli ulteriori effetti del fondo, merita particolare attenzione il divieto di esecuzione sui beni ad esso destinati (e sui relativi frutti) “ … per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia.” (art. 170 c.c.): i beni del fondo ed i loro frutti rispondono soltanto per obbligazioni assunte nell’interesse della famiglia (così come avveniva per i frutti del patrimonio familiare). La consapevolezza del creditore della estraneità del debito alle esigenze familiari deve sussistere al momento del perfezionamento della fonte dell’obbligazione e deve costituire oggetto di prova da parte di colui che si oppone all’espropriazione forzata.  La prova può essere fornita anche mediante presunzioni semplici, essendo sufficiente dimostrare che lo scopo dell’obbligazione appa-riva come normalmente estraneo ai bisogni della famiglia. In ordine al significato ed alla portata dell’art. 170 c.c., la giuri-sprudenza (Cass., Sez. I, 18.09.2001 n. 11683; conf. Cass., Sez. III,  7.01.1984 n. 134) ha chiarito che “ In tema di esecuzione sui beni del fondo patrimoniale, il disposto dell'art.  170  c.c. -nel testo di cui alla legge 19 maggio 1975 n. 151- per il quale detta esecuzione non può aver luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia, va inteso non in senso restrittivo, come riferentesi cioè alla necessità di soddisfare l’indispensabile per l’esistenza della famiglia, bensì -analogamente a quanto, prima della riforma di cui alla richiamata legge n. 151 del 1975, avveniva per i frutti dei beni dotali nel senso di ricomprendere in detti bisogni anche quelle esigenze volte al pieno mantenimento ed all’armonico sviluppo della famiglia, nonché al potenziamento della sua capacità lavorativa, restando esclu-se solo le esigenze voluttuarie o caratterizzate da intenti meramente speculativi.

Appare, quindi, del tutto superato l’orientamento restrittivo che considerava i bisogni familiari sinonimo di “esigenze indispensabili” della famiglia, perché necessarie alla sua stessa esistenza.

 

 

 

L’ipoteca esattoriale non è iscrivibile quando non è poi possibile procedere all’espropriazio-ne forzata,come nel caso di immobili per i quali,essendo oggetto del fondo patrimoniale,l’art.170 c.c.preclude l’assoggettamento ad esecuzione forzata,purché il creditore sia a conoscenza della estraneità ai bisogni della famiglia dei debiti contratti dal debitore;nel caso dei debiti erariali,questi sono estranei ai bisogni della famiglia del contribuente ed il concessionario procedente è necessariamente consapevole di tale estraneità,poiché ne viene a conoscenza,attraverso i ruoli,inviatigli dall’Ufficio finanziario,titolare dei crediti per cui si procede. Commissione tributaria provinciale di Mantova, Sez. I, Sent. 10 giugno 2008 (3 giugno 2008), n. 71 - Pres. Gobbati - Rel. Zanotti