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ACCERTAMENTO DI VALORE DELLA CESSIONE D'AZIENDA (AVVIAMENTO)
Ultimo aggiornamento 11/10/2015
SPECIALISTA I RICORSI AVVERSO AVVISID DI ACCERTAMENTO, CARTELLE, INTIMAZIONI, IPOECHE E FERMI AMMINISTRATIVI

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Quando si vende un azienda l’accertamento dell’agenzia delle entrate è assicurato, vi consiglio di farvi fare una perizia da un commercialista che ne accerti il valore, possibilmente da un professionista esterno non dal vostro commercialista che vi cura la contabilità.

Meglio ancora se vi fate seguire da un esperto di contenzioso tributario.

Gli accertamenti che riceverete saranno due uno ai fini dell’imposta di registro e l’altro ai fini delle imposte dirette.

La trappola dove sta? Semplice!!!  l’accertamento ai fini dell’imposta di registro che di regola è sempre di piccolo importo veniva regolarmente pagato e poi quando arrivava quello grosso si faceva ricorso perdendolo, perché se non si era fatta opposizione a quello del’ registro nulla si poteva più fare.

Per anni con  la sentenza n. 4117 del 2002 della Corte di Cassazione è stata  partorita la tesi dell’automatismo tra valore e prezzo, cosa significa questo, che il valore accertato ai fini dell’imposta di registro veniva automaticamente esteso ai fini delle imposte dirette.

Quasi tutti i giudici tributari si erano uniformati a questa sentenza assurda, con la quale si sostiene che nonostante l’art. 54 del T.U.I.R. (ora art. 86) non presenti specifici criteri per la determinazione della plusvalenza in ordine alla nozione di avviamento, per la determinazione del valore della plusvalenza si fa riferimento all’accertamento  ai fini dell’imposta di registro

Tale sentenza non è condivisibile perché il prezzo della  cessione aziendale non può essere desunta dall’ammontare assunto ai fini dell’imposta di registro (art.51 Dpr 131/86) , perché ai fini dell’imposta di registro (l’art. 86, comma 2) si  tassa il valore, mentre i fini delle imposte dirette si tassa la plusvalenza.

Successivamente, con la sentenza della Corte di Cassazione n. 24054 del 2014, è stata assunta  una posizione decisamente diversa da quella precedentemente descritta.

Nella sentenza si legge che, con riferimento ai redditi d’impresa, “in base al non equivoco significato del termine ‘corrispettivo’, occorre avere riguardo alla differenza tra il prezzo di cessione e quello di acquisto e non al valore di mercato del bene come per l’imposta di registro, essendo i principi relativi alla determinazione del valore del bene che viene trasferito diversi a seconda dell’imposta da applicare”.

Quindi con chiara e univoca interpretazione viene meno, in questa sentenza, il concetto di unicità dell’accertamento tributario, passaggio chiave per dimostrare e sostenere l’automatismo della equipollenza tra valore e prezzo nei due diversi comparti impositivi delle imposte dirette e delle imposte indirette.

Viste le due diverse posizioni il legislatore con Il Decreto internazionalizzazione delle imprese, in particolare con l’art. 5, D.Lgs. n. 147/2015 producendo una norma di interpretazione autentica, intervenuta dopo che migliaia di cittadini italiani sono stati massacrati dalle tasse,  ha stabilito che  per le cessioni di immobili e aziende , l’esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore dichiarato o accertato ai fini dell’imposta di registro.

Quindi di fatto è stato eliminato per legge l’assunto che il valore accertato ai fini dell’imposta di registro sia lo stesso ai fini delle imposte sui redditi.

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